nel numero 3 del 2009
Il prodotto editoriale
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La definizione di prodotto editoriale sconta la evidente difficoltà di non poter fare riferimento ad un oggetto esistente in natura. Si tratta, difatti, di un concetto astratto, corrispondente ad una categoria di beni prodotti dall’uomo. Se si guarda al significato che l’espressione è andata assumendo nel corso dei secoli, si deve rilevare che la medesima corrisponde ad una specifica categoria di beni, di cui non è difficile delimitare l’ambito. Il sostantivo “prodotto” si riferisce, come è noto, al risultato di una attività produttiva, ossia il bene o servizio ottenuto mediante l’utilizzo e/o la trasformazione di altri beni o servizi. Esso, nel linguaggio economico, è utilizzato essenzialmente con riguardo all’esercizio di una attività di impresa. Prodotto è, perciò, il risultato di una attività economica svolta professionalmente ed in modo organizzato per il mercato, nella prospettiva di conseguire un profitto. Sul concetto di prodotto rifluiscono, cioè, gli elementi considerati essenziali dalla scienza economica per aversi un’impresa. Questo perché è quest’ultimo il concetto fondamentale, essendo il prodotto nient’altro che il risultato della attività dell’impresa. A sua volta, l’aggettivo editoriale ha anch’esso un significato preciso. Esso serve ad individuare una particolare categoria di imprese, appunto le imprese editrici. Queste, nella accezione tradizionale, fanno stampare e pubblicare a proprie spese opere altrui, curandone la distribuzione. L’editore, cioè, rende le opere create da artisti, scienziati, etc., fruibili da un numero elevato di persone, mediante appunto la creazione del prodotto editoriale, che è l’oggetto fisico nel quale è riprodotto il contenuto dell’opera. Né questa funzione è mutata con l’avvento dei nuovi media. L’editoria è restata quella attività di impresa che si occupa del reperimento e della produzione di contenuti riproducibili, della loro riproduzione in forme trasmissibili attraverso i media e della loro diffusione e commercializzazione. In essa vi è, indubbiamente, anche una rilevante connotazione di carattere culturale, che sta nella scelta dei contenuti da proporre al mercato. La quale, tuttavia, inerisce ad uno degli elementi tipici dell’attività di impresa: quello appunto della scelta del prodotto da proporre al mercato, scelta che costituisce uno degli elementi del rischio di impresa. In termini economici, dunque, il prodotto editoriale è il risultato di una specifica attività di impresa, quella appunto dell’impresa editoriale. Se si trasferiscono i concetti appena delineati nell’ambito del diritto, e se si rimane nell’ambito delle nozioni di carattere generale, i risultati appena raggiunti subiscono delle modifiche. Innanzitutto, il concetto giuridico di impresa non richiede il perseguimento di un profitto, essendo sufficiente la prospettiva di una copertura dei costi con i ricavi. Inoltre, assume rilievo il fatto che lo specifico prodotto della attività editoriale è tutelato dalle norme sul diritto di autore. Il che consente alle imprese editoriali di beneficiare di una privativa, sconosciuta ad altri tipi di impresa. La concorrenza si svolge, perciò, tra prodotti non equivalenti. Una concorrenza tra prodotti equivalenti si ha solo con riguardo al settore delle opere in pubblico dominio. Tutto ciò, peraltro, non influisce sulla circostanza che, anche alla stregua delle categorie generali del diritto, il prodotto editoriale è il risultato della attività di una specifica impresa, soggetta per giunta ad uno statuto speciale: quello dell’impresa editrice (cfr. l. 5 agosto 1981, n. 416).