Passaporto vaccinale, privacy e principio di eguaglianza
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La pandemia sta costringendo tutti i paesi a riprogettare il futuro. L’intensificarsi della campagna vaccinale, a sua volta, rende concreta la possibilità di un ritorno, nel volgere di qualche mese, alla normalità. Ma a quale normalità? È in questo quadro che si innesta la questione del cd. passaporto vaccinale. Questione che può essere sintetizzata in questi termini: è legittimo che un ritorno più ampio alla normalità
sia riservato esclusivamente a chi sia in grado, attraverso un apposito certificato, di dimostrare di essersi vaccinato contro il Covid19?
La questione incrocia essenzialmente due problemi: quello di una possibile lesione delle regole in materia di privacy, atteso che attraverso il cd. passaporto sarebbe resa pubblica una informazione concernente lo stato di salute delle persone, e quello di una possibile lesione del principio costituzionale di eguaglianza, nel momento in cui si andrebbe ad introdurre una differenza sostanziale tra le condizioni di vita
di chi si è vaccinato e quelle di chi non lo ha fatto. Come appare subito evidente, non si tratta affatto di una questione meramente teorica. Anzi! Essa costringe a verificare la tenuta di alcuni principi fondamentali, divenuti un pilastro in una società democratica e liberale, in presenza di un evento eccezionale quale la pandemia che ha travolto, in poche settimane e da oltre un anno, la vita di miliardi di persone.